Artist: Futurisk
Song: Change in the Tide
Album:
Year: 1982?
(ITA) Potremmo essere nella Berlino dei primi anni '80 dove gli strascichi della cultura punk sfumavano nell'elettronica e davano vita a nuove sonorità ed orizzonti di vita. Un cielo rosso tra fili elettrici, tubi argentati e vernici spray. Nell'aria gli embrioni delle molecole di un'imminente cambiamento a render l'aria stranamente appiccicosa. All'ombra di un sottopassaggio di cemento armato, Il polline primaverile si mischia al grasso nero che lubrifica il rapporto meccanicamente amoroso di un pistone ed un cilindro. Il manto micro forato di
una cassa che vibra di novità.
Siamo invece nel caldo sud della Florida. Il sole si alterna alla luce pulsante di una strobo. Cocaina e camice legate sopra all'ombelico. Ormoni, accenti esotici e lenti specchiate. La sabbia che si stende sull'asfalto come ciocche di capelli ossigenati.
Un filo di rame che lega queste atmosfere. Forse il frutto di esperimenti in uno studio sotterraneo isolato come il bunker di pallidi scienziati del suono. Sonorità che riemergono oggi, più forti che mai negli specchietti retrovisori della musica dei nostri giorni. Come il tonfo sordo di una mina anti-uomo che esplode nel cuore lontano di un deserto dimenticato dall'uomo. Eppure qualcuno deve aver sentito.
(ENG) We could be in Berlin in the early 80s, where the trawls of the punk-culture faded into electronica and gave birth to new sounds and life horizons. A red sky in the midst of electrical wires, silver tubes and spray paint. The embryos of the molecules of an imminent change rendering the air awkwardly sticky. In the shadow of a concrete underpass, the spring pollens mix up with the black grease that lubricate the mechanical love between a piston and a cylinder. The micro-perforated mantle of a speaker vibrating under the boost of a novelty wind.
But we are in the warm south of the state of Florida, indeed. The sun alternates to the pulsating cold light of the strobos. Cocaine and shirts tied a few inches above the navel. Hormones, exotic accents and mirrored-lenses. The sand that stretches onto the asphalt like strands of peroxided hair.
A copper wire that binds these atmospheres. Perhaps the result of experiments made in an isolated studio that looked like an underground bunker by pale sound scientists. Sonorities that re-emerge today, stronger than ever, on the surface music's rear-view mirrors. As the muffled thud of an anti-personnel mine that explodes in the middle of a desert far forgotten by men. Yet, someone must have heard.
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